Le pigiatrici: breve storia di quelle prodotte a Campagnola

Le pigiatrici: breve storia di quelle prodotte a Campagnola

Contributo di Flavio Parmiggiani

I responsabili della Bottega Rurale delle Storie, con piacere inseriscono nella parte del sito dedicata alle storie un primo contributo che ci è pervenuto sulle pigiatrici nella filiera UVA-VINO.

L’autore, il dr Flavio Parmiggiani, pur non essendo uno storico, ha raccolto di sua iniziativa alcune testimonianze e documenti preziosi, certamente utili a coloro che vorranno approfondire un segmento importante dell’agro-industria reggiana e, per riflesso, dell’agro-alimentare italiano.

Cogliamo l’occasione per informare che fra i soci di RURE, alcuni sono possessori di una pigiatrice di marca Garolla e di due a marca Ferrari, che speriamo di potere inserire presto nel catalogo della Bottega.

Flavio Parmiggiani nasce, già orfano, il 19 Luglio 1945 a Campagnola Emilia.

Si laurea in Fisica all’Università di Milano nel 1970.
Nello stesso anno inizia la sua attività al Consiglio Nazionale delle Ricerche, dapprima come borsista, poi come ricercatore, e infine, dal 2001, come Dirigente di Ricerca. Dai primi anni ’80 utilizza le immagini da satellite nello studio dell’ambiente e del clima.

Nel 1990 ha realizzato la stazione satellitare presso la Base Italiana ‘Mario Zucchelli Station’ in Antartide e ne è stato il responsabile sino al 2014.

Introduzione

Cercherò qui di tracciare la storia di una macchina, la pigiatrice o garolla, che ha rivoluzionato la produzione del vino in tutto il mondo.

Scorrendo questa storia incontreremo tre persone eccezionali, appartenenti a tre generazioni successive, accomunati dal fatto che pur non avendo ricevuto nessuna istruzione tecnica di tipo ‘scolastico’ possono essere considerate degli autentici genii della meccanica.

Il primo di questi si chiamava Giuseppe Garolla, era un fabbro di paese, viveva e lavorava a Lìmena, un paesino vicino a Padova; il secondo, anch’egli fabbro di paese, si chiamava Guglielmo Ferrari, viveva e lavorava a Campagnola, così come il terzo che si chiamava Enrico Mantovani ed era mio zio (avendo sposato una sorella di mia madre).

L’officina Ferrari

La ditta Ferrari Guglielmo e Figlio Costruzioni Meccaniche, Campagnola (Emilia) viene fondata nel 1918. Guglielmo era un fabbro di paese, di grandissimo ingegno; aveva costruito, tra l’altro, il meccanismo dell’orologio della torre di Campagnola e un modello in ferro della piazza di Campagnola con tutti i fabbricati e i cortili. L’idea, o l’ispirazione, di costruire pigiatrici gli venne da una visita alla ditta Garolla di Limena (PD), visita in cui, come consulente tecnico, aveva accompagnato Conti che andava ad acquistare una pigiatrice. All’inizio l’officina Ferrari costruiva solo pigiatrici.

Ancora oggi dalle nostre parti le pigiatrici sono anche chiamate “garolle”.

Il figlio di Guglielmo, Angelo, nei primi anni ‘20 affianca il padre nella ditta, curerà soprattutto la parte commerciale. Negli anni ‘30, la Ferrari introduce anche la produzione di pompe da vino e da mosto. Alla fine degli anni ‘30 la produzione è distinta nei due settori: pompe e pigiatrici. Con Guglielmo ormai in età avanzata (morirà nel febbraio del 1941), in officina i responsabili dei due settori sono mio padre, Flavio Parmiggiani (Barilein), per le pigiatrici e mio zio, Enrico Mantovani (Rico), per le pompe. Il capannone della ditta era nella parte retrostante la casa di Piazza Roma, di fronte alla villa di Conti. Parte delle lavorazioni erano fatte in altri posti: la verniciatura del telaio in legno delle pigiatrici veniva fatta presso le cantine Praudi (i cui capannoni diventeranno sede della CAMCE), altre lavorazioni in un capannone di Copelli Fioravante (Fiorito) nel retro della sua casa di fianco alla chiesa.

Negi anni ‘30 le ditte Ferrari e Garolla sono leader nazionali nella produzione di macchine enologiche (pompe e pigiatrici) e si dividono praticamente il mercato nazionale. Per la Ferrari il mercato più importante è quello delle Puglie ma anche la zona di Frascati. Alla fine del 1944, con i mercati del sud Italia ormai tagliati fuori dal fronte dalla guerra, senza la guida di Guglielmo, con molti operai richiamati per la guerra, la produzione dell’officina Ferrari si riduce drasticamente.

Nell’ottobre 1945 la famiglia e la ditta Ferrari si trasferiscono a Reggio (perché?). L’officina affitta a Reggio, un capannone, l’ex-macello Arduini di proprietà del Seminario, nei pressi di porta Castello, proprio dietro l’attuale seminario.

Una metà circa degli operai della Ferrari di Campagnola seguirà l’officina trasferita a Reggio, con tutto il disagio di diventare pendolari, con il trenino di Novellara d’inverno e in bicicletta fino a Reggio d’estate; tra gli operai che seguono la Ferrari: Bruno Gelati, Dino Morgotti (Sangue), Giacomino Ferri, Mirello Nicolini ed altri.

Verso la fine della guerra, oltre all’officina Ferrari, chiude anche la cantina di Praudi. I capannoni sono comprati dalla ditta Vitas (distillerie) di Trieste.

A Campagnola funzionerà quindi per alcuni anni una distilleria; a dirigerla i Vitas, ebrei, mandano un certo signor Finzi che vivrà Campagnola, in casa dei Ferrari, sotto il falso nome di Stenlio Marchi. Qualche anno dopo la guerra le ex-cantine Praudi tornano a funzionare come cantina, i Vitas vendono alla cantina sociale ‘rossa’. Ancora qualche anno e la cantina sociale ‘rossa’ passa a lavorare, in affitto, presso un’altra sede; le ex-cantine Praudi sono vendute (o affittate?) alla Cooperativa Motoaratura (2 capannoni) ed alla CAMCE (2 capannoni). Dopo qualche anno la Cooperativa Motoaratura si trasferisce in una nuova sede e la CAMCE occupa tutti i capannoni delle ex-cantine Praudi. Ancora una volta, attraverso gli edifici delle cantine Praudi, le storie della Ferrari e della CAMCE si intrecciano.

Nel 1959, con la morte di Angelo Ferrari, e a seguito di problemi finanziari, l’officina Ferrari di Reggio chiude. La ditta Ferrari però non muore, marchio e macchinari sono acquistati dal sig. Franco Antonicelli di Modugno (Bari) che continuerà per alcuni anni la produzione di pompe e pigiatrici nella stessa cittadina delle Puglie.

1945: nasce la CAMCE

La metà circa degli operai che non segue la Ferrari a Reggio dà vita ad un’esperienza davvero unica in provincia di Reggio: una cooperativa “industriale”, la CAMCE (Cooperativa Autotrasporti Macchine e Costruzioni Enologiche). Tra i dipendenti Ferrari che fondano la CAMCE cominciamo a ricordare: Angelo Menozzi, era il contabile alla Ferrari (oggi si direbbe il ragioniere), sarà il primo Presidente della CAMCE, ed anche primo sindaco comunista, di Campagnola dopo la Liberazione; Enrico Mantovani, Bruno Ferrari, Nello Gelati, Gaetano Bigi (Ghitan), Ivo Luppi (Ciufin), ecc.

Solo pochi mesi dopo la sua costituzione, la parte ‘autotrasporti’ (Galliano Caretta, Morgotti Aldo, ed altri) si stacca dalla CAMCE e dà vita alla “Cooperativa Autotrasporti”; la parte “macchine enologiche” continua la sua attività mantenendo l’acronimo CAMCE che adesso significa Coop. Attrezzature Meccaniche e Costruzioni Enologiche.

Nei primi anni l’attività si svolge in una parte del macello di Campagnola: sono anni eroici, la produzione è del tutto artigianale e a carattere stagionale; ci sono continui problemi di liquidità per cui nei periodi di offerta di lavori stagionali in campagna (mietitura, vendemmia, ecc.) l’officina si svuota, ci sono momenti in cui si ritrovano solo in tre: Enrico Mantovani, suo figlio Gianni e suo nipote Luciano.

Nel maggio del ‘67 la CAMCE cambia ragione sociale, si chiama adesso Costruzione Macchine Enologiche di A. Begliardi e C. S.a.S (soci: Begliardi, Mantovani, Ferrari, Amaini, Copelli, Mussini, Torelli, Barilli). Nel 1969 la società diventa Costruzione Macchine Enologiche di B. Ferrari e C. S.a.S (soci: Ferrari, Amaini, Copelli, Mussini, Torelli, Barilli); poco dopo nasce la CME S.a.S. mantenendo la struttura societaria. Nel 1977 l’officina si sposta nel nuovo stabilimento in via Vettigano dove ancora oggi continua la produzione.

L’organizzazione dell’officina CAMCE

Si producevano pigiatrici e pompe da vino e da mosto. Per le pigiatrici si andava dalle piccole, manuali, per cantine familiari, alle grandi con vasche a tramoggia per cantine industriali; così per le pompe, dalle piccole pompe manuali alle grandi pompe industriali.

Pigiatrici. Tutta la lavorazione veniva fatta all’interno (l’outsourcing non era ancora stato inventato!); questa comprendeva lo stampaggio e la piegatura della lamiera, la saldatura dei diversi componenti, i vari pezzi in ferro battuto della parte diraspatrice, ecc.

Pompe. Erano costituite da un carter/contenitore in ghisa, dal movimento (ingranaggi e cuscinetti) e dal corpo pompa in bronzo che veniva lavorato e rifinito dopo la fusione. Una volta verniciate e finite, le pompe erano dei veri gioielli di tecnica, motorizzazione e finitura. Alcune di queste pompe sono ancora in funzione in diverse cantine dopo 45 anni di attività!

Come abbiamo visto, alla fine degli anni ‘50 l’officina era costituita dai cinque capannoni delle ex-cantine Praudi, con l’aggiunta di un capannone più corto a sinistra; sopra quest’ultimo e sul capannone accanto, nel 1957 venne iniziata la costruzione di una casa di abitazione. Al primo piano di questo edificio c’erano gli uffici della CAMCE costituiti da due stanze, in una c’era il tecnigrafo di Rico e la scrivania dell’impiegato dell’amministrazione (ragioniere), nell’altra l’archivio dei disegni tecnici e dei documenti contabili; c’era poi uno stanzone che serviva in parte da deposito ed anche da sala riunioni dei soci della cooperativa.

Nell’ufficio principale quindi convivevano Rico (Il Capo), che era il tecnico progettista che dirigeva la produzione, e il ragioniere; in questo ultimo ruolo si sono succeduti nel tempo: Mussini Wolfrano, Menozzi Vincenzo e Begliardi Ascanio.

Nei capannoni a piano terra, le lavorazioni erano così distribuite:

1. Sala macchine: il capo era Nello Gelati, operai: Luciano e Gianni Mantovani, Gino Palazzi, Ivo Copelli (quando non lavorava da falegname).

2. Produzione e montaggio pigiatrici: Aimone Amaini, Renato Veronesi, Ivo Luppi, Vero Magnanini. Per i sottogruppi pigiatrici: Vittorio Ferrari e Luigi Vezzani.

3. Montaggio pompe: Giuseppe Galli

4. Verniciatura: Bruno Ferrari, Alderigi Salati, Corrado Pignagnoli (Ciùla), Gianni Ligabue.

5. Saldatura: Lucio Mora.

Le gite aziendali

La tradizione di una gita aziendale nei giorni a cavallo di Ferragosto era cominciata già ai tempi della Ferrari. Il periodo di Ferragosto non era certo il più adatto per officine che producevano macchine enologiche; i mesi di luglio, agosto e settembre erano mesi di produzione frenetica e le ore in officina praticamente non si contavano più. Ciò nonostante, nel clima di ritorno alla vita “normale” dopo gli anni della guerra, con la disponibilità dei primi mezzi di trasporto individuali (Vespe e Lambrette), a metà degli anni ‘50 le gite aziendali di Ferragosto vennero riprese.

Di queste gite esiste una interessante e notevole documentazione fotografica.

Testimonianze

Ferrari Guglielmo (Mino). Classe 1923. Incontro a casa sua, a Reggio. Unico figlio maschio di Angelo. Studi: Liceo Classico; biennio di Ingegneria a Modena (Analisi Matematica con Pignedoli); alcuni esami del successivo triennio a Bologna poi studi interrotti.

Nel 1942 viene richiamato soldato, fatto prigioniero l’8 settembre, internato in Germania. Aderisce alla RSI per poter rientrare in Italia, aggregato ad una delle divisioni costituite dalla RSI con i prigionieri di guerra (Monte Rosa, Pasubio, ecc.), incontra alcuni campagnolesi che avevano fatto la stessa scelta (Filigenio Marani, Dimmo Sghedoni, Tondelli); a un certo punto scappa dalla caserma e si unisce alla Resistenza in Piemonte. Ritornerà a Campagnola solo dopo la fine della guerra. Sino ad allora non aveva mai messo piede in officina, faceva la vita dello studente.