Pigiare l’uva: ma come?

Pigiare l’uva: ma come?

Carro trasporto dell’uva

I responsabili del sito, dopo avere ricevuto le “Brevi note sulla pigiatrice” del dr. Flavio Parmiggiani, hanno richiesto ulteriori contributi sul tema delle “pigiatrici”. Il sig. Enzo Salati si era reso disponibile. La sua testimonianza era significativa ed importante per due ragioni: Salati, grazie alla sua vita professionale (aveva iniziato come mezzadro per poi ricoprire incarichi di rilievo nella cooperazione agricola come dirigente provinciale), era in grado di riferire l’impatto che aveva avuto l’avvento della pigiatrice nel mondo agricolo. La seconda ragione era data dal fatto che, per età e provenendo da Campagnola, aveva ricordi che potevano integrare quelli del dr. Parmiggiani.

Il testo che segue ci era stato consegnato da Enzo Salati con la promessa che lo avrebbe successivamente integrato con ulteriori ricordi. Purtroppo  pochi giorni dopo è venuto a mancare.

I responsabili del sito della Bottega Rurale delle storie, con la messa in rete della testimonianza del sig. Enzo Salati, intendono rendergli omaggio e ricordarlo.

Carro trasporto dell’uva

Testimonianza di Enzo Salati

Sono nato nel 1930 in una famiglia di mezzadri e quindi ben presto conobbi la fatica della vendemmia, al termine della quale ogni giorno verso sera l’uva raccolta per la parte padronale veniva consegnata. Ma il nostro lavoro non finiva lì perché, nel caso del nostro padrone che non aveva una pigiatrice elettrica, occorreva, per contratto mezzadrile, fermarsi a pigiare con i piedi quanto raccolto.

Da questo ricordo ricavo diverse considerazioni a commento delle “Brevi note sulla pigiatrice” del dott. Parmiggiani da voi pubblicate sul vostro sito, note che ho molto apprezzato e spero che possano sollecitare gli organismi preposti a collaborare con la Bottega per salvare il salvabile di storie ed oggetti.

Prima considerazione: le pigiatrici, ieri come oggi, hanno una sola funzione che dipende dall’esistenza dell’uva. Questo per sottolineare che c’è una relazione fra le innovazioni che vengono introdotte sia nella produzione dell’uva che nei modi di pigiarla nonché nei successivi processi in cantina.

Seconda considerazione: fra le diverse relazioni voglio ricordare sopratutto quelle socio-economiche. A tal proposito ritorno alla mia esperienza personale. Come ho detto, il nostro padrone non aveva la pigiatrice neppure negli anni quaranta mentre quasi tutti gli altri proprietari l’avevano acquistata già prima o poco dopo la prima guerra mondiale. Non ne conosco la ragione, ma forse per la quantità totale era più conveniente usare i mezzadri-pigiatori tenuti ad esserlo in base al contratto mezzadrile piuttosto che investire sull’acquisto di una pigiatrice.

Terza considerazione: come ricorda Parmiggiani, a Reggio non si dice (ancora oggi!) pigiatrice ma garolla dal nome del primo costruttore di pigiatrici costruite e vendute in Italia dalla fine dell’ottocento. Uno dei primi acquirenti di una pigiatrice a Campagnola era stato Conti, uno dei più grandi proprietari terrieri, di cui Ferrari era il fabbro di fiducia. Poiché ciò avveniva almeno vent’anni dopo l’invenzione del signor Garolla, mi chiedo ancora oggi perché un proprietario delle dimensioni di Conti non abbia riconosciuto prima la convenienza ad introdurre una innovazione di tale importanza. Restava più conveniente usare le gambe e la fatica dei mezzadri, tanto erano i contratti mezzadrili ad assicurarne la convenienza. Oggi come allora sono le regole economiche che decidono se, quando e come si valorizzano le innovazioni. A quell’epoca le regole consentivano solo a proprietari di medio-grandi dimensioni di trovare più conveniente investire nell’acquisto di una pigiatrice piuttosto che ricorrere all’impiego gratuito dei mezzadri. Anche questa vicenda spiega perché fra i sostenitori della “marcia su Roma” i proprietari terrieri furono i primi, fra i quali, a onor del vero, non c’era Conti, al quale inoltre si deve probabilmente il primo sostegno economico al suo fabbro Ferrari.